Sono state appena pubblicate le motivazioni della sentenza di appello che ha condannato il medico Germana Durando ad una pena di 3 anni e 10 mesi, aumentata rispetto ai 2 anni e mezzo del primo grado.

La Durando, da medico e con “la piena consapevolezza che la grave patologia avrebbe condotto alla morte”, per nove anni ha lasciato crescere il tumore di Marina somministrandole solo ‘cure’ omeopatiche e “una terapia ricavata dalla cosiddetta nuova medicina germanica di Hamer”. E questo nonostante “l’evidente e sempre più rilevante aggravamento delle condizioni di salute della paziente: dimostrandosi indifferente, oltreché alla vita, alle gravi sofferenze fisiche e psicologiche e al profondo stato di prostrazione in cui si trovava quest’ultima durante la malattia”.

Lo scrivono i giudici della terza sezione penale della Corte d’Appello di Torino, che sottolineano come la Durando abbia abbandonato Marina poco prima che morisse, proprio “quando la vicinanza umana ed affettiva dell’unico medico” che la seguiva “sarebbe stata di sicuro conforto, quanto meno sotto un profilo psicologico”.

Un copione che si ripete tristemente uguale in tutte le storie che ho raccontato nel mio libro.